Gli italiani di Istanbul, architetti e ingegneri del XIX e XX secolo

Qualche giorno fa sono stato a una conferenza memorabile, all’Istituto italiano di cultura di Istanbul: che mi ha fatto apprendere nuovi e interessantissimi dettagli sulle attività degli architetti e degli ingegneri italiani in Turchia in epoca ottomana; ne parlo perché i segni tangibili della loro presenza e del loro lavoro ci passano sotto gli occhi […]

Gli italiani di Istanbul, Giulio Mongeri

Non pensavo che ne avrei parlato qui sul blog, ma ho una citazione che vale un post intero e non posso evitare di farlo. Mercoledi’ sera, sono andato infatti a una conferenza a palazzo Venezia: la residenza istanbuliota dell’ambasciatore italiano normalmente ad Ankara, già ambasciata della Serenissima e poi dell’Impero austro-ungarico; si trova nel quartiere di […]

I libri su Istanbul, Les Désenchantées

L’ho letto ai tempi dell’universitàa, ma avevo deciso di non parlarne sul blog: per il semplice fatto che del romanzo Les Désenchantées (“Le disincantate”) di Pierre Loti non è mai stata fatta una traduzione in italiano; però, ho scoperto che è appena uscita – praticamente un secolo dopo la precedente – quella dell’altro romanzo di ambientazione istanbuliota dello scrittore francese, Aziyadé: se non hanno messo in programma quella di Les Désenchantées, magari provo a sollecitarli anche io. E ne varrebbe la pena, si tratta di un lavoro più maturo – scritto quasi 30 anni dopo, in effetti – di Aziyadépiù riuscito, più denso nella trama, più ricco nel linguaggio, più piacevole da leggere.

Di cosa si tratta, lo ha già spiegato in uno dei primi post del blog, un anno fa: quello dedicato al libro Evadées du harem. Affaire d’état et féminisme à Costantinople, 1906 e alla collina di Pierre Loti a Eyüp. Nella loro scelta, è stata decisiva l’influenza del celebre Pierre Loti, al secolo Julien Viaud: francese, ufficiale navale, romanziere, viaggiatore, turcofilo, cittadino a intermittenza di Istanbul.” Il romanzo non parla dell’avventurosa fuga, ma dei ripetuti – e clandestini – incontri tra Loti e tre fanciulle velate: le due turche, una terza che si spaccia anch’essa per turca – dalla vita tormentata – e che è invece francesissima; insomma, a Loti lo mettono in mezzo: con l’obiettivo, solleticandone la vena artistica e provocandone l’indignazione, di fargli scrivere un libro sulla condizione infelice delle donne – ricche, in questo caso – dell’haremIl problema di fondo, ancorato nella realtà e non frutto di fantasie sensualmente orientaliste, è il contrasto eclatante tra l’educazione di stampo europeo ricevuta e la mancanza di libertà nelle proprie scelte: soprattutto in tema matrimoniale.

Il piano è andato a buon fine, il libro è uscito all’inizio del 1906 e ha avuto un enorme successo; a Loti, invece, non è mai stato detto nulla sulla reale identità della teza donna velata: anzi, gli è stato fatto credere che la terza donna velata si era suicidata per amore (la sua lettera strappalacrime, in punto di morte, è stata integralmente trasfusa nel romanzo).