Golpe in Turchia prime analisi

Golpe in Turchia, prime analisi

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già pubblicato su Istanbul, Europa, a cura di Giuseppe Mancini

Il 15 luglio è già diventato una data simbolo per la Turchia, insieme al 27 maggio, al 12 settembre, al 28 febbraio. Stavolta però il tentativo di colpo di Stato – a differenza del 1960, del 1980 e del 1997 – è fallito: dopo una notte di sgomento, di panico, di scontri, di voci incontrollati, di incubi del passato, il governo turco ha ripreso il controllo totale del Paese.

Sull’identità dei golpisti ancora non c’è chiarezza: si è trattato o di seguaci dell’imam Fethullah Gülen, nemico giurato del presidente Erdoğan; o di kemalisti che hanno cercato di approfittare della situazione difficile della Turchia in termini di sicurezza. In ogni caso, si è trattato per lo più di personaggi di secondo piano: i vertici militari non sono stati coinvolti.

Il piano si è rivelato sufficientemente ben congegnato, anche se privo del sostegno necessario alla sua riuscita: sia all’interno delle Forze armate, sia tra le forze politiche di opposizione, sia soprattutto tra i cittadini turchi. I golpisti – sfruttando l’effetto sorpresa – hanno bloccato i due ponti sul Bosforo a Istanbul, hanno assaltato delle basi militari sequestrando il Capo di stato maggiore interforze, hanno occupato la sede della televisione nazionale e costretto una speaker a leggere il loro proclama vittorioso, hanno provato a marciare sui palazzi del potere. Il loro punto di forza era l’aviazione, hanno bombardato persino il parlamento di Ankara.

Hanno però subito trovato forti resistenze da parte della polizia e del grosso dell’esercito, il presidente Erdoğan – in vacanza sulla costa egea e dapprima collegato via web – ha direttamente invitato i suoi sostenitori e tutti i cittadini turchi ad andare in piazza per difendere la democrazia. Il suo appello, verso le due di notte, è risuonato accanto dall’invito alla preghiera lanciato dalle moschee : l’Ezan, il canto rituale di richiamo alla preghiera, è stato intonato ad un orario fuori dai 5 tempi delle preghiere rituali (namaz). Il popolo si è riversato come una fiumana per le strade di tutta la Turchia, specie nelle province  sud- est anatolico. Ci sono stati scontri e feriti e vittime.

Privo per l’appunto del sostegno necessario, anzi osteggiato da più parti, il golpe è rapidamente fallito: molti reparti si sono arresi senza combattere, il generale Akar è stato liberato. Si contano i morti – più di 60, a quanto sembra – e i feriti, ma soprattutto gli arrestati: oltre 1300, tra cui anche alcune personalità importanti come un ammiraglio.

Da un punto di vista politico,Erdoğan ne esce rafforzato non solo nella sua veste politica, ma specie e soprattutto di quella umana. Ora sta a lui saper convogliare le energie positive sprigionatesi per una riforma condivisa della costituzione e del sistema politico. Le Forze armate subiranno un drastico processo di bonifica, probabilmente troveranno nuovo vigore per le campagne anti-Pkk nel sud est. Ci si deve però interrogare sulla performance dei servizi segreti (comunque già impegnati nel fronteggiare la variegata minaccia terroristica, Isis e Pkk): comè stato possibile che non siano riusciti a individuare un progetto eversivo che ha comunque visto la partecipazione di migliaia di persone?